Il manoscritto che ispirò l'Ariosto

Thursday, September 29, 2016

Da La Repubblica

Firenze, così è stato salvato il manoscritto che ispirò l'Ariosto

La Fondazione Franceschini lo ha conservato anche grazie a un crowdfunding promosso un anno fa dopo il fallimento di una richiesta di fondi al ministero dei Beni culturali

di MARIA CRISTINA CARRATU'

Ha rischiato di venire sottratto per sempre alla consultazione degli studiosi, e soprattutto al patrimonio librario italiano ed europeo, pur essendo una pietra miliare della letteratura medievale. Ma per fortuna, il manoscritto trecentesco con le avventure di re Meliadus di Leonois, il padre di Tristano, l’eroe di uno dei drammi cavallereschi e d’amore (quello per Isotta) più importanti e conosciuti della storia della letteratura, ce l’ha fatta. Dopo tanti passaggi di mano (nel ‘400 lo si ritrova nella Biblioteca “arturiana” dei Gonzaga a Mantova, cinque secoli dopo nella prestigiosa collezione del bibliofilo inglese Thomas Phillips, poi in quella dell’industriale tedesco Peter Ludwig, quindi al Getty Museum di Malibu e infine, dal 1997, a una coppia di americani) non sparirà nel caveau di qualche magnate arabo, ma resterà a disposizione degli studiosi, nell’archivio della Fondazione Ezio Franceschini di Firenze, istituto di ricerca no profit specializzato in studi su testi del medioevo europeo, che negli ultimi anni ha promosso l’edizione critica del cosiddetto ciclo di Gurion, di cui il Roman de Meliades fa parte. Ed è proprio alla Fondazione fiorentina che si deve il salvataggio in extremis del manoscritto, tramite un crowdfunding promosso un anno fa dopo il fallimento di una richiesta di fondi al ministero dei Beni culturali.

Dei 250 mila dollari richiesti dagli ultimi proprietari (che avevanodeciso rivenderlo), la raccolta in rete ne ha portati circa 150 mila, a cui si sono aggiunti fondi della stessa Fondazione e altri dell’Università di Zurigo, sua partner nella ricerca sul Roman de Meliadus con un gruppo internazionale di giovani studiosi guidati dallo stesso direttore della Fondazione, Lino Leonardi, e dal filologo svizzero Richard Trachsel. Il manoscritto “salvato” è la più antica trascrizione di quelle già note (una quarantina) di un romanzo duecentesco, scritto in francese medievale, che ha rappresentato per l’epoca quello che oggi definiremmo un prequel, molto diffuso anche in Italia, di un ciclo a sua volta arcinoto come quello di re Artù e della sua corte. Tanto diffuso da costituire un decisivo riferimento letterario per i grandi poemi cavallereschi italiani, dal Boiardo all’Ariosto. Le 288 pagine del codice pergamenaceo con il Roman de Meliadus

acquisito dalla Fondazione Franceschini sono state trascritte in Italia del Nord intorno al 1320 in gotico italiano e con eleganti decorazioni dei capilettera. Oltre a essere il più antico ha anche più pagine degli altri e non era mai stato studiato nella sua interezza. Un tassello prezioso di un panorama letterario straordinario, il cui recupero, a 500 anni dalla pubblicazione dell’Orlando Furioso, risalta ancora di più come una fortunata occasione